A caccia di libertà..o di aquiloni
lunedì 31 marzo 2008

Quando ho chiesto a Francesca un consiglio, cioè quale libro recensire per primo nel mio blog lei non ha avuto dubbi: “Il cacciatore di aquiloni”.
Ho accolto con piacere il suo consiglio, azzeccato come tutti i suoi consigli, perché la lettura di questo libro è stata accompagnata per me da alcuni episodi singolari e se vogliamo, anche strani.
Il libro mi è stato prestato una sera, qualche giorno prima di iniziare il servizio civile, dalla mamma del mio ragazzo.
“E’ un libro che parla di Afghanistan, ma non solo”… questa fu la presentazione.
Non rifiuto mai un libro, leggo ogni cosa che mi capita per mano, che mi viene regalata o proposta.
Lo presi e lo portai a casa.
La sera del primo giorno di servizio cominciai a leggerlo.. l’indomani chiesi al mio ragazzo di portarlo indietro, a casa sua.
“portatelo via..non lo voglio leggere, non lo voglio nemmeno vedere!”.
Non so cosa mi aveva turbato di più quella sera: se la violenza che vi avevo letto o il mio stato confusionale di quei giorni.
So soltanto che mi convinsi a leggerlo ancora per una sera.. e non me ne sono più pentita.
“Il cacciatore di aquiloni” è una vera perla della letteratura, un soffio di vento che spalanca la finestra su un mondo che tiene ben chiuse le sue tende, che avvolge i suoi misteri dietro la sabbia del deserto.. un mondo filtrato dai burqa delle sue donne.
L’Afghanistan è la cornice di questa storia che parla di amicizia, di dolore e di redenzione.
Amir e Hassan sono due amici: sono amici nonostante le differenze, le loro condizioni.
L’uno è un pahstun, l’altro è un hazara; l’uno è il padrone, l’altro il servo della famiglia; l’uno è istruito, l’altro no; l’uno è pavido e debole, l’altro è coraggioso.
Queste differenze li uniscono e li fortificano fino a renderli come il vento e l’aquilone: indispensabili l’uno all’altro.
Quando però Amir assiste inerte allo stupro di Hassan ad opera di un ragazzo più grande, fanatico e imbevuto di sé, qualcosa si rompe, come un filo di nylon sui tetti di Kabul.
I forti sensi di colpa e il disagio di Amir per la situazione, oltre alla gelosia sempre provata per Hassan, per cui il padre di Amir dimostrava una grande ammirazione, lo porteranno ad allontanarsi dall’amico, fino alla partenza di quest’ultimo.
Il tempo trascorso, l’instaurazione del regime comunista, la fuga in California e la realizzazione personale di Amir come affermato scrittore di racconti in America, sembrano allontanare quella colpa da lui.
Ma il destino ha strani modi di manifestarsi, ed è uno squillo di telefono ad annunciare che “esiste ancora un modo per tornare ad essere buoni” e a riportare Amir, in maniera vorticosa, in quell’Afghanistan, luogo della colpa. Dov’è ora l’odore di kebab di agnello che inondava le strade?? Dove sono gli aquiloni? L’Afghanistan non è quello di una volta: è un paese martoriato dalle continue guerre, dai continui regimi, un mondo violento, assurdo e sinistro dove i Talebani minano ogni diritto umano alla libertà ed ogni occasione di felicità..
Amir, dopo mille peripezie, si troverà a fronteggiare i nemici di sempre: la paura, la morte e il rimorso.Riuscirà a “tornare ad essere buono”?

Sono sempre stata convinta che chi legge il libro, viene inevitabilmente deluso dalla trasposizione filmica.
Devo dire che anche qui sono stata smentita: il film è pressoché fedele al libro. I necessari tagli sono stati fatti in maniera logica e in modo da non stravolgere la storia.
E’ un film che si fa seguire, che crea suspence ed emozione nei momenti opportuni.
La nota dolente è la vicenda che si è creata intorno al film.
Tutti o quasi tutti sanno che il film, tratto dal bestseller di Khaled Hosseini è stato vietato in Afghanistan. La motivazione? "Ci sono scene inadatte al pubblico [..] che metterebbero "in scena l'odio razziale". Una vicenda annosa e molto tesa che ha portato come conseguenze lo slittamento della data di uscita della pellicola (poca roba) e i giovanissimi protagonisti del film sotto sorveglianza per il timore che finissero nel mirino dei Talebani. Una scelta appoggiata, tra l’altro, dallo stesso presidente Hamid Karzai, preoccupato per le ricadute negative sull'alleanza politica fra hazara e pashtun, entrambi sostenitori del governo.
L’ennesima prova, se ce ne fosse bisogno, che le cose non sono poi cambiate dal 2001 fino ad oggi.
Credo sia questa amara consapevolezza, che ho acquisito tramite la lettura, il motivo per cui questo libro mi piace e mi disturba, mi attrae e mi allontana al tempo stesso.
Non mi era mai capitato con nessun libro ed ancora oggi, dopo avere letto anche il secondo libro di Khaled Hosseini (Mille splendidi soli), non so spiegare il motivo di queste emozioni discordanti.
Quelle pagine raccontano di un mondo duro e arido come il deserto, un mondo che vorrei non esistesse e nel quale vorrei tornassero a volare gli aquiloni, simbolo di libertà, leggerezza, speranza e innocenza.


NB: Qui sotto un filmato di Youtube: non è il trailer e non contiene scene del film, ma trovo la scelta delle immagini e della musica molto bella.


 
posted by Cristina Pace at 16:22 | Permalink


2 Comments:


At 1 aprile 2008 alle ore 10:11, Blogger Unknown

Come inizio non c'è male. Libro impegnativo, il film mi è sembrato all'altezza. L'emozione giusta per una recensione scritta finalmente senza imposizioni esterne o richieste di banalità

 

At 1 aprile 2008 alle ore 22:12, Anonymous Anonimo

Ecco. Ho provato la stessa sensazione di quando mi hai parlato "verbalmente" del libro. Mi sono sentita trascinata, trasportata tra la polvere del deserto, ho quasi sentito l'amarezza della violenza ma poi ho percepito la speranza: provare a volare. Splendida recensione Cri, ancora una volta hai trasmesso emozioni.